la buca di Hiroko Oyamada
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“La buca” di Hiroko Oyamada

Dopo “La Fabbrica”, Neri Pozza pubblica un altro libro della scrittrice già premio Akutagawa Hiroko Oyamada.

L’autrice

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Nata ad Hiroshima nel 1983 e rimastavi per tutta l’infanzia e gli anni scolastici, si laurea nel 2006 all’Università di Hiroshima con specializzazione in letteratura giapponese. Dopo la laurea, Oyamada ha cambiato tre lavori nell’arco di cinque anni, un’esperienza che ha ispirato il racconto d’esordio “Kōjō” (La fabbrica), per cui ha ricevuto il Premio Shincho per scrittori emergenti nel 2010.

Dopo il suo debutto, Oyamada ha svolto un lavoro editoriale part-time presso una rivista locale, per poi lasciarlo dopo aver sposato un collega. Notiamo così come le sue opere siano ampiamente ispirate al suo vissuto e ne ricalchino alcuni passaggi fondamentali.

Nel 2013 Oyamada ha vinto il 30° Premio Oda Sakunosuke per una raccolta di racconti contenente “Kōjō”. Nello stesso anno il romanzo “Ana” (La buca), su una donna che cade in un buco, fu pubblicato sulla rivista letteraria Shinchō. “Ana” le ha fatto vincere il 150° Premio Akutagawa.

“La buca”

la buca di Hiroko Oyamada libro letteratura giapponese

trama

“La buca” racconta di Asa, una giovane donna che, per seguire il marito nel suo trasferimento in una filiale dell’ azienda in una sperduta area di provincia (la stessa di cui l’uomo è originario) lascia il suo lavoro da precaria, dopo aver fatto un calcolo di convenienza e senza alcun rimpianto: “ Non era il peggior lavoro del mondo, per carità, ma non era per niente gratificante. …. Mi rendevo perfettamente conto che si trattava di un lavoro che avrebbe potuto fare più o meno chiunque e che non ero l’ unica persona sulla faccia della terra in una situazione del genere, ma d’altra parte non ero così giovane e ingenua da lasciarmi condizionare la vita per questo. Era un lavoro come un altro, punto.”


Anche qui, come sarà poi centrale ne La fabbrica, il tema della precarietà del lavoro viene affrontato come un fattore determinante nella vita delle persone. Non a caso il romanzo si chiude su Asa che trova un altro lavoro nel konbini vicino alla sua nuova casa, anche questo un lavoro precario e non gratificante:
“…la commessa dai capelli castani con cui avevo svolto il colloquio mi aveva
detto: In realtà qui non c’ è molto da fare, non viene quasi mai nessuno. Però
qualcuno deve pur stare alla cassa.”

Tra realtà e allucinazione realistica

L’inizio di questo romanzo ricorda quello di Alice nel paese delle meraviglie: Asa si è alzata presto, ha preparato la colazione e il bento per il marito, ha sbrigato le faccende di casa e una commissione per la suocera e nel
pomeriggio esce di casa e, mentre cammina lungo il fiume vede uno strano animale, una creatura indefinita, e per seguirlo cade nella buca profonda in cui l’ animale è sparito. Dopo questo incidente, Asa avrà una percezione della realtà alterata, e tutto potrebbe anche essere solo un’allucinazione.

Hiroko Oyamada ha la capacità di mescolare realtà e finzione nella sua scrittura; in questo romanzo scorrono descrizioni estremamente realistiche della quotidianità, dall’ ambiente agli scorci di vita, insieme a pagine surreali. In perfetto equilibrio.

“Ci vuole una scrittrice di grande talento per plasmare il banale quotidiano
in arte, per costruire un mondo intero intorno a una metafora. Oyamada ha
il perfetto controllo del suo dono.” The Japan Times

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2 commenti

  • BRUNA GASPARINI

    Leggerò il romanzo con il gruppo Letture dall Asia della Biblioteca di Torino e stavo appunto cercando di capire e conoscere la scrittrice…….ho seguito una sua importante intervista e anche questo articolo mi è stato molto utile….è un bell articolo grazie Bruna

    • Viola Rosai

      Grazie mille Bruna, mi fa piacere ti sia piaciuto l’articolo 🙂
      La Oyamada è un’autrice molto particolare…non so se hai letto anche “La Fabbrica” di lei. In caso, lo consiglio davvero tanto!

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