“Butter” di Asako Yuzuki
L’autrice

Asako Yuzuki è una scrittrice giapponese contemporanea, nata a Tokyo nel 1981. Durante il periodo delle superiori si ammalò gravemente e, costretta a casa, lesse “Kitchen” di Banana Yoshimoto: un libro fondamentale che le aprì una finestra sulla letteratura giapponese, spingendola a leggere di più.
Laureatasi con una tesi su Balzac, dopo l’università lavorò in un fabbrica di dolci per poi lasciare e dedicarsi completamente alla scrittura.
Nel 2008 vinse il Yomimono Prize for New Writers per “Forget me, not blue”; una racconto di bullismo in una scuola femminile di Tokyo. La storia fu pubblicata a puntate nel magazine All Yomimono e poi pubblicato assieme ad altri tre racconti nel volume Shūten no ano ko (2010) – che divenne il primo libro di Yuzuki. A seguire, nel 2011, uscì “Nageki no bijo”, romanzo su una donna frustrata dai modelli di bellezza online, che è diventato anche una serie tv di NHK. Anche molti altri dei romanzi e racconti di Yuzuki sono stati trasposti in drama e serie tv, con un grande successo di pubblico.
Nel 2013 uscì “Ito-kun A to E”, che valse a Yuzuki la sua prima candidatura al Naoki Prize. Ne sono seguite altre quattro, tra cui una proprio per “Butter” (2017) e l’ultima nel 2018 per “Date cleansing”.
“Butter”: trama
La trama di “Butter” è vagamente ispirata a un fatto di cronaca nera avvenuto in Giappone tra il 2007 e il 2009 e che ha come protagonista una donna, Kanae Kijima, accusata di aver avvelenato tre uomini. La Kijima è soprannominata “Konkatsu Killer”, perché tutte le sue vittime erano state adescate sui siti di appuntamenti per trovare marito, una pratica, questa della ricerca del futuro sposo, che in Giappone si chiama, appunto, “konkatsu”. La donna avrebbe irretito gli uomini con i suoi manicaretti, fino ad avvelenarne tre. E’ sospettata anche di altri quattro omicidi.
in “Butter”, la Kijima è “interpretata” dal personaggio di Manako Kijii, in carcere in attesa di processo. La giornalista Rika, unica donna della sua redazione, decide di andare a trovarla e cercare di ricavarne un’intervista esclusiva. Ma Manako non è una donna facile da approcciare e Rika dovrà andare molto oltre la sua comfort zone per conquistarne la fiducia.
Attorno a Rika ruotano molti altri personaggi, tra cui la migliore amica Reiko, il “fidanzato” Makoto, i colleghi e altri personaggi della rete di lavoro. Purtroppo nessuno di loro è molto caratterizzato, ma tutti contribuiscono ad un pezzo della storia di evoluzione ed emancipazione di Rika. Sì, perchè “Butter” non ha una vera e propria trama, ma segue più lo sviluppo personale di Rika.
Una storia di emancipazione femminile che, per una volta, passa davvero dai fornelli
Rika è una ragazza attorno ai 30 anni, vive da sola in un appartamentino in affitto, nelle brevi pause dal lavoro mangia solo cibo del konbini e frequenta sporadicamente un collega di un altro ufficio. Le sue relazioni, sia con gli altri che con se stessa, non sono esattamente sane.
Sarà proprio la conoscenza con Manako ad aprire gli occhi a Rika su quello che può fare per dedicarsi a se’ stessa e per fare le cose per piacere, e non solo per dovere. Il punto di contatto tra le due donne, infatti, viene a crearsi nel momento in cui Rika dimostra interessa per le ricette di Manako che, ad ogni visita, da’ alla giornalista un “compito a casa”: cucinare una sua ricetta, mangiare in un ristorante specifico un certo piatto…
Per Rika, cucinare un semplice riso al burro con un po’ di soia, è già un atto rivoluzionario. Il lasciarsi andare ai piaceri del burro che si scioglie sulla lingua, assaporandolo come mai prima, le da’ un senso di libertà. Via via, Rika ci prende la mano e comincia a cucinare piatti sempre più elaborati.
E’ sempre grazie al cibo e al cucinare, che Rika riesce ad avvicinarsi di più alle persone che ha attorno e, addirittura, a cambiare radicalmente il proprio stile di vita. Dai pasti veloci e preconfezionati comprati al combini, alle cene con tacchini da cucinare ore e ore e da condividere con gli amici. Un vero percorso di emancipazione e di auto-affermazione, contrapposto al clima maschilista e statico dell’ufficio. Una riscoperta di se’ stessa e delle proprie potenzialità.
Stile e recensione
Appena ho finito “Butter” sono rimasta piuttosto perplessa. Anche perché mi è sembrato di leggere quattro libri diversi.
La prima parte, estremamente prolissa e per me davvero lenta, è incentrata su Rika…e proprio qui sta il problema: personaggio protagonista scialbo, senza personalità, a tratti imbarazzante. Rika è la giornalista che instaura un rapporto con Manako Kajii, presunta assassina di tre (o forse più) uomini, che li avrebbe irretiti a forza di manicaretti gourmet per poi condurli alla disperazione e, infine, alla morte.
Rika è completamente affascinata e allo stesso tempo schiacciata dalla figura di Manako, che il lettore vede attraverso i suoi occhi per i 2/3 del libro. Le cose cambiano quando Rika e la sua migliore amica, Reiko (mille volte più ganza e sveglia di lei), vanno in visita alla famiglia di Manako nella prefettura di Niigata, per parlare con la madre e la sorella. Ecco, questa è la parte del libro che ho preferito di più e che mi ha finalmente dato le vibes che aspettavo, ahimè speranzosa, fin dall’inizio: un po’ di noir a tinte femminili stile Kirino, con qualche morbosità annessa e rivelazioni sul passato di Manako.
Poi, una volta che le due amiche/investigatrici tornano a Tokyo il grande BOH. Il libro accelera improvvisamente e cambia scenario, focus, anche modo di scrittura praticamente ad ogni capitolo con perfino un tentativo, che poteva essere interessante, di letteratura epistolare scritta in prima persona da Manako…ma si interrompe subito per tornare al punto di vista di Rika.
Gli ultimissimi capitoli hanno delle scene che sinceramente non trovo minimamente realistiche, sia quelle di Reiko che quelle “corali” a casa di Shinoi.
La caratterizzazione dei personaggi, in genere, è mal riuscita.
Peccato, perché ci sono tanti spunti che potevano essere sviluppati in mille modi e che invece rimangono sospesi e poco approfonditi.
L’intera narrazione è disseminata di rimandi alle pressioni e ai pregiudizi che le donne di ogni età subiscono nella società giapponese. Particolare accento sul problema del peso; anche la stessa Rika viene guardata male e giudicata per aver preso quasi 10kg in più, come sintomo di pigrizia. Quando poi la causa dell’aumento di peso viene connessa al caso a cui sta lavorando, per cui deve cucinare le ricette che Manako le indica, il suo stesso capo la loda per l’impegno e la dedizione. Paradossi di una società che non vuole la gente sana e tranquilla, ma sempre laboriosa e impegnata in qualcosa a tutti i costi.
Interessante anche l’accenno al bambino che viene ucciso a botte da dei compagni di scuola e per cui viene incolpata la madre. È colpa sua, che da madre single non ha tempo di cucinare per il figlio, se lui è uscito a comprarsi dei piatti pronti nel supermercato dove è stato ucciso.
Una società della colpa…che spesso, spessissimo, ricade sulle donne.
Ma “Butter” mostra anche il rovescio della medaglia e cioè gli uomini deboli, eterni bambini, che non sanno rapportarsi ne’ alle proprie donne di casa che tanto hanno voluto, ne’ alla società.
Una tristezza di fondo pervade questo libro, anche se tanti aspetti, come già detto, potevano e dovevano (secondo me) essere sviluppati maggiormente. E su 544 pagine si poteva farlo, tagliando magari tante scene e descrizioni inutili.


